mappa del castello

Il Castello di Cosenza, posto sulla sommità del colle Pancrazio, uno dei sette colli della città, è edificato su una motta artificiale di forma rettangolare, il cui orientamento rimanda alle edificazioni dei Bretii. L'impianto, che si eleva su un possente muro di scarpata tronco piramidale coronato da mura verticali in blocchi di tufo calcareo locale, rinforzate da due torrioni quadrangolari a nord ed una ottagonale a sud-est (la gemella a sud-ovest è andata distrutta nel XVII secolo), presenta una geometria apparentemente semplice a C che delimita il cortile interno.

Numerose furono le dominazioni che vi si insediarono e che lo trasformarono fino a delinearlo nelle forme oggi visibili: i Normanni di Ruggiero II, gli Svevi con Federico II, gli Angioini e gli Spagnoli; ma, sicuramente, la matrice Sveva è quella maggiormente riconoscibile.

la Cittadella

 

Quest’area, anche definita Piazza d’armi o Avanzata, un tempo era delimitata da alte mura merlate, crollate poi nel corso dei secoli a causa di numerosi terremoti, e presentava tutto intorno un camminamento di ronda, ricostruito dagli Aragonesi (XV-XVI secolo), e quindi presumibilmente anteriore alla loro presenza. Originariamente l’ingresso alla Cittadella era quello posto a sinistra e caratterizzato da un grande portale archiacuto di impostazione Sveva. Il portale, murato nel XVIII secolo e oggi riaperto, presenta all’intradosso un sistema di chiusura a saracinesca, tipico sistema di difesa, per intrappolare i nemici che facevano incursione nella Piazza d’armi. 

Il fronte principale del castello è caratterizzato dalla presenza di due torri quadrangolari: quella di sinistra, più grande, è definita mastra e certamente fino al XVI secolo si elevava su più livelli. Alcuni storici sostengono l’esistenza di corridoi sotterranei che univano le due torri e che dovrebbero risalire ad epoca Sveva, ma non si hanno documentazioni per accertare tale notizia. Sono ancora visibili dei tratti dell’antico camminamento di ronda, collegato alle due torri quadrangolari mediante piccoli varchi rialzati, riconoscibili in alcune parti discontinue della muratura del fronte Nord. Il porticato contiene a sinistra la porta di accesso, che fu successivamente murata per ricavare un nuovo varco centrale, oggi chiuso ma ancora ben visibile, sormontato dallo stemma dell’Arcivescovo Francone, che presidiò il Castello quando questo fu adibito a Seminario, e che in origine era realizzato con stucchi colorati, andati totalmente persi. 

All’inizio del 1800 il porticato presentava anche gli archi murati e comprendeva a sinistra un corpo di guardia e a destra una piccola prigione. Al centro della Cittadella sono ancora visibili evidenti resti di un’antica cisterna. A sinistra, di fianco all’ingresso originario alla Cittadella, è visibile un piccolo forte staccato dalla fabbrica del Castello, conosciuto come Rivellino, elemento tipico dell’arte militare antica e medioevale. Questo tipo di struttura compare verso la metà del XV secolo e la presenza all’interno della rocca cosentina sembra testimoniata già in un documento del 1540, in cui si legge di una fucina posta alla porta del Castello.

Cisterna - Santa Barbara

È la cisterna più antica del Castello e alcuni storici la fanno risalire addirittura al periodo romanoIl nome di Santa Barbara, con cui è identificata, è probabilmente legato alla presenza di una cappella intitolata proprio a questa Santa e posta in prossimità della cisterna. La cappella, esistente certamente al XV secolo, si dice presente già nell’impianto Svevo.

Sala del Ricevimento

Il suo nome è dovuto probabilmente all’utilizzo della sala come rappresentanza nelle cerimonie ufficiali. Fa parte della matrice Sveva del Castello e conserva all’interno chiari caratteri gotici – cistercensi, quali l’essenzialità delle forme, il ridotto verticalismo e la solidità delle masse murarie, elementi molto simili a quelli presenti nelle sale del Castello Ursino di Catania.


I documenti grafici lasciati dai Borboni permettono di affermare che al tempo il Salone era diviso in due da un muro, ed era adibito a magazzino d’artiglieria. A sinistra si nota un arco ad ogiva che mette in comunicazione la sala con il cortile interno. Sempre sullo stesso lato, nel ‘700, fu aperto, al posto della finestra, un altro varco verso il cortile.
A destra invece è visibile il grande camino, utilizzato nel XIII secolo come sistema di tiraggio per riscaldare i piani superiori, ma interamente ricostruito nel 1953 dopo che al suo posto nel ‘700 fu creato il nuovo ingresso al Castello. In fondo, a destra, una porta introduce nell’area conosciuta come Sala della Regina Isabella d’Aragona, e corrispondente al piano terra della torre quadrata di nord-ovest. L’ambiente è infatti illuminato solo da strette feritoie a scopo difensivo.

Cortile - Corridoio Angioino

Le due campate oggi visibili appartengono in realtà ad un sistema di corridoio coperto che un tempo raggiungeva le sale del castello poste a Sud (Sala del Trono), e che fu poi sostituito nel XVIII secolo con un peristilio, di cui restano solo pochi segni nel terreno. La sua architettura è caratterizzata da strette volte archiacute, che poggiano su mensole con capitelli decorati da foglie longilinee.

Oggi conosciuto come Corridoio Angioino, deve il suo nome proprio alla presenza nella chiave di rinforzo degli archi di un medaglione con incisi i gigli di Francia e lo stemma di famiglia, ma l’architettura rimanda alle costruzioni Sveve, e non è quindi da escludere che possa far parte della struttura di origine federiciana. Alla destra del corridoio si apre il grande cortile del Castello, che mantiene visibili i resti di diverse età e dominazioni.

Sala delle Armi

Costruita al tempo di Federico II si compone di ben sei sale, tutte poste ad est, il cui ingresso originario era collocato centralmente verso il cortile. La prima sala si conserva ancora in buone condizioni per aver mantenuto nel tempo la copertura ed è bene visibile a sinistra un’acquasantiera a parete, che non è da escludere possa essere quella della vecchia cappella del Castello. Nella penultima di queste sale sono presenti le tracce di un camino svevo realizzato in tufo. Nell’ultima sala, al centro, è presente una cisterna sotterranea e a sinistra vi sono tracce di un’antica scala.

Dai documenti borbonici risulta evidente che all’inizio del 1800 erano coperte solo tre sale: la prima con la volta a crociera che ancora oggi la caratterizza, ma divisa in due da un muro,in direzione Est-Ovest e con l’arco murato, sul quale era presente un’unica apertura inferriata per l’uso di carcere; le altre due coperte con unica volta a botte, e separate da un grande muro dalle ultime tre scoperte.

Risulta che, nello stesso periodo, anche la porta piccola di ingresso fosse murata, lasciando immaginare quindi che l’accesso alla prima sala avvenisse dall’adiacente locale della cisterna o dal piano superiore.

Sala del Trono

Con questo nome si individuano le sale poste a sud del Castello che fanno parte dell’impianto originario Svevo e alle quali si accedeva mediante il portale archiacuto che, per lungo tempo murato, è stato riportato alla sua funzione. Le sale sono tre e sono tutte voltate a crociera con i tipici caratteri delle costruzioni federiciane.

Rimaneggiamenti successivi sono comunque testimoniati: ad esempio al periodo angioino si deve la presenza in chiave alla volta dello stemma con i tre gigli di Francia.

La luce all’interno si diffonde per la presenza di monofore poste a sud, ma in origine, probabilmente, esisteva anche un’apertura ad ovest, oggi murata. In fondo alla sala, sulla sinistra, era presente la porta di accesso alla torre sud-ovest, le cui tracce sono ancora ben visibili sul paramento murario esterno del Castello.

Torre ottagonale

Elemento di dichiarata matrice sveva, la torre ottagonale è posta in posizione sud-est. La sua forma, tipica delle costruzioni ordinate da Federico II (una su tutte Castel del Monte ad Andria) racchiude un forte significato simbolico: il numero otto infatti è la figura intermedia tra il quadrato, la terra, ed il cerchio, l’infinità del cielo, e nella cabala è il numero legato all’eternità. Federico II, molto affascinato da questi temi simbolico esoterici, utilizzava nella sue costruzioni anche molta geometria. Spesso infatti le torri assumevano funzione di gnomone, permettevano cioè di individuare l’altezza del sole e quindi segnare le ore.

Lo studio di questa antica scienza, e l’applicazione degli schemi costruttivi medioevali, ha permesso a diversi studiosi di avanzare ipotesi sulla originaria altezza della torre, che probabilmente era compresa tra i 18 e i 23 metri. Questo studio avalla la teoria che la torre avesse originariamente almeno due livelli, notizia tra l’altro accertata anche da diverse rappresentazioni della Città e dal ritrovamento di un condotto di scarico proveniente da un piano superiore.

È documentato che già nel primo quarto del XIX secolo, il secondo piano non era più presente. La volta, autoportante, realizzata con otto costoloni impostati su piccole mensole, è definita ad ombrello, ed è anche questa tipica delle edificazioni sveve. Particolarità Bruzia è però la calotta schiacciata, con spicchi ribassati, realizzata con grande maestria mediante la sovrapposizione orizzontale di quadrelli.

Scala

Questo connettivo fu edificato solo nel ‘700, cioè quando il forte fu adibito a Seminario. Precedentemente per raggiungere i piani superiori, risalenti al periodo Angioino, e che fino al XIX secolo comprendevano camminamenti scoperti e diversi ambienti di servizio, venivano utilizzate altre scale, di cui oggi è possibile riconoscere solo alcuni resti (vi veda ad esempio nel lato nord del cortile interno).

Oggi la scala presenta sulla prima rampa una profonda lesione dovuta non solo alle numerose scosse telluriche verificatesi a Cosenza nel corso dei secoli, ma anche peggiorata dalla costruzione della nuova strada di accesso al Castello, che provocò smottamenti e cedimenti in varie parti della struttura.